EROS E MORTE (Claudio Cisco)
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EROS E MORTE
Eros e morte
camminano insieme,
l’uno a fianco dell’altro,
dall’origine dell’universo
sino all’eternità.
Non può esistere il sesso
senza l’incombente presenza della morte,
e non si può morire per sempre
se non si sparge prima su questa terra il seme dell’amore.
Ogni essere umano comincia a morire
da quando un orgasmo lo genera,
e conserva nella memoria d’una lapide
parte di quell’amore che non separa la vita dalla morte.
Non c’è maga Circe capace di convincere Ulisse
col dono dell’immortalità,
e non esiste spada di Damocle sul punto di crollare
che spaventi l’uomo
perchè quest’ultimo, bramoso d’avere tutto e subito,
ostinato e vanitoso,
innamorato di quel breve soffio che è la vita,
è pronto a sfidare persino gli dei primeggiando
pur di amare e morire,
respirando fino all’ultimo alito di vita,
sfruttando anche l’ultima goccia di sangue che arrivi al cuore.
Dinanzi a tanta meravigliosa presunzione di vitalità
anche l’Onnipotente resterebbe senza parole.
MADRE E FIGLIO
Perchè sei così sporco, figlio mio?
sembri il figlio di nessuno!
Ho fatto l’amore per la prima volta, madre!
con una grande signora.
Perchè l’hai fatto, figlio mio?
c’è il tempo giusto per ogni cosa.
Volevo farlo, madre!
non volevo avere rimpianti.
Ma sei impazzito, figlio mio!
hai imboccato una strada sbagliata.
Forse sto sbagliando, madre!
ma abbiamo sentito di farlo sulla terra e nel fango.
Tu hai perso il senno della ragione, figlio mio!
non ascolti più neanche tua madre.
Io ti voglio ancora bene, madre!
ma oggi ho scoperto di avere un’altra madre:
è questa terra che stringo nelle mani,
e l’aria che sto respirando,
e la natura, il mondo, l’universo
e tutto ciò che mi sta intorno.
E quando mi sentirò triste e solo,
mi arrotolerò con gioia nel fango,
soffierò felice sulla polvere delle mie mani,
bacerò i fiori dei campi
e mi laverò la faccia con l’acqua dei ruscelli.
Non ti capisco e non ti riconosco più, figlio mio!
ma come parli?
Io invece ora mi conosco bene, madre!
parlo col linguaggio dell’amore!
E darei tutto quel che ho
pur di trasmetterti la felicità che ho dentro.
IL MIO CORPO SUL TUO CORPO
Il mio corpo sul tuo corpo
si muove lentamente.
Il mio corpo sul tuo corpo
si dimena dolcemente.
Voglio scoprire il tuo segreto,
sprofondare nell’intima tua essenza
fino a esplodere in te violentemente
svuotando il mio liquido nel tuo nido inebriante.
Ora che sono in te
non puoi più nascondermi nulla,
ho svelato il tuo mistero di donna,
io ti possiedo, so tutto di te.
Prepotente,
sono entrato nella tua inesplorata caverna,
e nei tuoi umidi anfratti
sto scivolando.
Sono io il tuo corpo.
Sono io l’universo.
BIANCANEVE
Ragazzini eravamo forse bambini
una decina circa non di più
8-10-13 anni al massimo
queste le nostre età.
35 anni aveva lei se ben ricordo
Biancaneve la chiamavamo noi,
per cinquemila lire il pisellino ci toccava,
per dieci lo succhiava.
Infine per trentamila l’amore faceva
e sempre con uno per volta
mai tutti assieme
o più di uno.
Com’era bella Biancaneve nostra!
Com’era dolce e comprensiva!
Come ci sapeva fare!
Un dolce segreto era e nessuno di noi mai parlò.
Per caso l’ho rivista dopo 30 anni e forse più
appesantita, invecchiata, sfiorita, la nonna pareva
di quella Biancaneve conosciuta allora
ma un sussulto al cuore ho avuto lo stesso nel vederla:
“Biancaneve!”
d’istinto le ho detto senza volerlo;
“Prego?”
mi ha risposto stupita lei.
LE TUE MANI
Le tue mani morbide più della seta
sfiorano con dolcezza il mio pene,
lo accarezzano,
lo stringono,
lo muovono.
Chiudo gli occhi
mi concentro su quel delizioso piacere,
sospiro piano,
mi abbandono vinto,
abbraccio l’estasi.
Come un trovatello ragazzino
stretto fra le tue mani,
il mio membro si lascia andare,
cresce sempre più
nell’eccitante movimento d’un’altalena.
Il cuore ora sembra scoppiarmi in petto,
incontrollabile diviene il mio respiro,
esplode come neve bianca
il succo del mio piacere
splendido dono per le tue sapienti mani.
AMPLESSO
I nostri corpi che si scontrano
e si possiedono senza tregua.
Pelle bollente,
segnata,
battuta,
e il sangue che scorre dentro
impazzito.
Fluisco dentro di te
come un’onda inarrestabile
che mi porta a riva,
e poi
mi spinge di nuovo al largo.
Scopro limiti che mi fai superare
ancora prima che io me li ponga.
Non resisto perchè non voglio resistere.
Prima ti penetro la mente con la mente,
poi il sesso con il sesso.
Il tuo corpo apre la folle danza del piacere
e il mio puntuale risponde.
Penetro in te in profondità.
E’ come se io stesso entrassi in me,
scavando tra emozioni e desideri
che non conosco
e scopro ogni volta come fosse la prima.
Ti accarezzo
come un soffio di vento
e mi scuoto quando esplodo in te,
quando godo nella parte più intima del tuo corpo,
quando esce l’animale che ruggisce dentro di me.
E in quei momenti,
possiedo anche la parte più intima
della tua anima.
Ti faccio gemere, urlare, tremare, godere, venire.
Per me tu sei sempre
completamente nuda
anche quando sei vestita,
mai ho desiderato tanto conoscerti!
possederti!
amarti!
TI POSSIEDO
Ti guardo negli occhi fiore del male
e poi ti bacio tirandoti i capelli.
Ti mordo forte le labbra,
ti strattono, ti sgrido, infine ti faccio gemere.
Stringo la tua carne fra le mie mani,
ti spoglio fin dove voglio,
ti costringo in tutto e per tutto.
Ti colpisco forte e non smetto
neppure quando mi supplichi,
poi piego il tuo corpo sul tavolo
e ti espongo, ti offro, ti apro.
Ti insulto,
ti faccio promettere l’impossibile,
m’impongo e dispongo di te,
ti infilo dietro qualsiasi cosa,
la forzo sempre più dentro lasciandola lì come dolce tortura,
ti ficco il mio sesso in bocca fino a non farti respirare.
Poi ti alzo il volto e ti guardo,
ti penetro col mio membro
riempiendoti di me e di altro.
Ignorando le tue lacrime
ti sbatto violentemente,
ti uso,
ti possiedo.
Non puoi più pensare ora
e nemmeno agire: kamasutra dammi l’estasi!
Finalmente ti ho dominata,
mi appartieni,
sei totalmente mia.
LEGATO
E’ inquietante
questa corda nera
come l’atmosfera che respiro
attraverso la benda.
Mi preme sulla pelle
e mentre imprime strani disegni su di essa
sembra che il fuoco divoratore di cui è capace
mi trasformi ammaestrandomi con disciplina.
In preda a questo vizio perverso
che mi hai insegnato,
non so difendermi
nè voglio, mi lascio andare sconvolto nei sensi.
Questa corda mi appartiene,
i suoi fili intrecciati m’immobilizzano
iniettando nei miei occhi
sete di sfida.
Le parti del mio corpo vibrano
imprigionate in quella ragnatela di piacere,
risalta inconfondibile il desiderio
di abbandonarmi completamente a te.
Se non fosse stato creato il piacere sessuale
quanti peccati legati ad esso
non sarebbero stati commessi!
E’ perché è considerato peccato se piace così tanto?
Può il piacere sessuale essere anche piacere dell’anima?
STRANE SENSAZIONI
Strane sensazioni pervadono il corpo e la mente
mi attraversano, mi riempiono, mi lacerano, mi annientano:
la frusta, le corde, le catene
tutto mi consuma.
Attraversato, riempito, lacerato e infine annientato
e poi ancora sconfitto, umiliato, usato
in qualunque gesto, in ogni parte del corpo.
Quale grande capacità possiedi!
Quante infinite sensazioni mi regali!
Che potente nettare di piacere mi offri!
Strane sensazioni mi vincono
fino a divenire un tutt’uno di orgasmi
in una perfetta simbiosi.
IL MIO IMPERO
Sono entrato prepotentemente
nella tua anima fortificata.
Inesorabile ho abbattuto ogni tua difesa
e conquistato la tua nuda terra.
E ora
senza nessuna clemenza, nessun mistero
ciò che un tempo era soltanto tuo
adesso è anche mio.
Mi muovo espandendomi dentro te,
come fuoco che brucia appare il mio pene
forte quando divampa,
umiliato quando si spegne.
Ma anche tu sei crollata senza scampo,
nel tuo fragile corpo ormai
ho costruito il mio impero.
Arrenditi a me!
PAGLIACCIO BAMBINO
Tu sensuale, invitante, carnale
magica e perfetta nelle tue assurde follie di donna.
Gemiti appena sussurrati,
orgasmi urlati a squarciagola
ma sei sempre tu, tu e soltanto tu
dolce e glaciale, candida e perversa,
lucente angelo meravigliosamente diabolico.
Tu carne e cibo della mia mente,
pericoloso rifugio per la mia anima,
cavallone impazzito che travolge il mio mare di insicurezza.
Sento di essere un uomo
solo nell’istante in cui vengo in te,
poi torno e resto per sempre
pagliaccio bambino.
LA FINE DELLA MAGIA
Il mio respiro,
il suo.
Il mio battito,
il suo.
I respiri che si accordano
ritmici,
affannosi,
incalzanti,
ansimanti.
Il cuore
batte, batte, batte
tutto il petto batte,
pulsa in gola,
pulsa nell’anima.
I pensieri assumono lo stesso ritmo,
la stessa intensità,
si uniscono,
si esaltano.
Un crescendo folle e continuo:
vertigini,
ronzii,
la mente
che ha lasciato ogni controllo.
Le emozioni
sono padrone dei corpi.
Avvinghiarsi,
rotolarsi,
ubriacarsi,
urlare.
Secrezioni,
sudore,
saliva,
odori intensi.
Segnale della fine
o è solo l’inizio?
Silenzio…
assaporando la fine della magia.
SOLO UN ISTANTE
Il cuore che scoppia,
il respiro affannoso.
Esplodo finalmente
come unico rimedio
per non impazzire di piacere
ma è solo un istante!
La mente si svuota,
lentamente sento uscire
poco a poco ciò che è di lei.
Non sento più le mani, le gambe
non so più chi e dove sono:
odore, sudore, respiro
non sento più nulla!
non ho più un corpo,
mi sfugge l’anima.
E’ solo un istante,
poi mi sento leggero.
Una piuma che lieve
si culla tra le nuvole
in un cielo immenso
e mai si posa.
Rientro di colpo nella realtà
disteso sopra il suo corpo abbandonato:
ho soltanto amato!
FRA LE TUE COSCE
Ora che mi ritrovo fra le tue cosce
vorrei stare fermo per un istante:
donna di terra e di acqua
plasma la mia nella tua intensità!
invadi anche la mia mente!
prendi tutto del mio essere!
Io cane fedele d’ogni tuo desiderio
desisto nel non voler più il poeta in me
in questa sera di stelle senza tempo,
dove in una folle danza di erotismo
si perde persino il mio gemito
formica nella tua foresta di peli.
Donna che mi ami senza amore,
non è alba o tramonto,
non è estate o inverno
e non è nemmeno gioia o dolore:
è un fiore che germoglierà tra le tue cosce
donato insieme con te a questo mondo.
NETTARE DI TE
Col fuoco addosso
umida tana
non placa il rogo
che di te s’avvampa.
Dentro il tuo corpo
su quel sentiero
inseguo paradisi
a luci spente.
Nel tuo regno
frugo l’oscuro
cercando sensazioni
oltre il tempo.
Ti desidero
in quel possederti
gocce di sole vanno
oltre il cielo.
Esplorandoti
oscuro tunnel
dov’è racchiusa in te
luce di stelle.
Sabbie mobili
affondano nel clitoride
ma in quel cader mio
non cerco scampo.
Mappe d’estasi
sul tuo mare
disegnano le magie
dell’infinito.
Nettare di te
raccolgo le gocce
d’oscuri paradisi
fra i cespugli.
UN LAMPO NELL’OMBRA
Donna completa, mela carnale, luna calda
denso aroma d’alghe, fango e luce mischiati
quale oscura chiarezza s’apre tra le tue colonne?
Quale antica notte tocca l’uomo con i suoi sensi?
Ahi! amare è un viaggio con acqua e con stelle,
con aria soffocata e brusche tempeste di farina,
amare è un combattimento di lampi
fra due corpi da un solo miele sconfitti.
Bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito,
i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi minuscoli villaggi,
e il fuoco genitale trasformato in delizia
corre per i sottili cammini del sangue,
si precipita come un garofano notturno
fino a essere e non essere che un lampo nell’ombra.
EROS D’ESTATE
E siamo
mari in tempesta
venti che onde
già portano in cielo,
aliti ardenti
che accendono di fiamma
l’umida tua pelle.
S’intrecciano le dita
a catturar magie
mentre
sotto le stelle
un vulcano si risveglia.
Nudi
vestiti d’amore,
ci prendiamo,
ci sentiamo
annullandoci a vicenda.
Il tempo dei sogni
s’è assopito,
ora pulsa la vita,
l’amore!
Ed il respiro,
frenetico,
corre
sui ritmi
dell’estate.
CANTO DI DELIZIA
La mia lingua sfiora la tua lingua,
il mio sesso nel tuo sesso,
il mio cuore nel tuo cuore,
la mia vita nella tua.
Anima sguarnita da ogni vincolo
stretta a me in un desiderio sfrenato
rincorre la perfetta incarnazione del godimento.
Bagnato è il tuo corpo
di linfa sacra
dove riposa la più alta eccitazione
delle fantasie più proibite ed inconscie.
Profumo di rose appena colte
sparse nel tuo campo che ho appena sconfinato,
in un sussulto il tuo respiro
sa di mandorle e canditi.
I tuoi vagiti si fondono con i miei
creando intensi movimenti fisici
di pura creazione artistica
tramutandosi in un canto di delizia.
GODI
Eccoti giungere
stanotte e mille altre ancora
preda esclusiva del mio letto,
trappola divina di desiderio.
Su colline di creta morbida
i miei baci sparpagliati,
accarezzami con gli occhi
mentre scorri sul mio cuore arso.
Benvenuta, entra!
Spengo la luce?
Soffio sul buio e ti accolgo,
senza una parola
ingurgiti il mio sesso
bevendone avida il succo.
In un abbraccio stordito
mi trascini giù
su lenzuola chiare
che odorano ancora di candele spente,
ritratto di mani voraci e volti sconosciuti.
Nel silenzio
che ci avvolge insieme,
strappi incauti di sospiri, atti più impuri
orgasmi che ritmicamente si susseguono
e che rammendo senza fretta.
No, non chiedermi niente! Sei già proposta indecente.
Godi…
OMBRE SUL MIO GIACIGLIO
Non sarà nè legno nè pietra
a vegliare sul mio riposo,
nè sarà un fiore
il pegno del ricordo.
E non saranno le fronde dei cipressi
a fare ombre sul mio giaciglio,
nè epitaffio nè voce nè ricordo di un caro
come amara consolazione del mio definitivo viaggio.
La terra è la mia culla,
la selva intatta il mio nascondiglio,
la polvere e gli sterpi il dolce lenzuolo,
il silenzio il mio unico compagno.
ESSENZA LARVALE
Su strada nera conduco i miei passi,
nascosto oltre un nulla d’infinito,
una volta oscura sovrastante incombe.
Ascolto le cadenti lacrime della natura,
scendono sul mondo e me
cencioso essere mortale.
Enigma è la mia inesistente provvidenza,
nichilismo dei buoni sentimenti
icone perdute di essi.
Come dalla psiche profonda
omissioni di verità approdano
caricandomi di brama di comprensibilità.
Fuori da mura di pelle
le febbri son più grandi
dei geli del cuore.
Respiro zolfi del mondo
dove il calore diviene sempre più tenuo,
solo fredde spinte sussistono in me.
Nessun vigore ausilia la triste marcia,
tranne un’anomia fredda come il cuore
d’essenza larvale che sono.
E soltanto ora la mia anima maledetta
comprende il senso insensato
di un’esistenza di vela senza vento,
di airone senza ali,
di carne senz’anima.
NULLA ESISTE OLTRE I SOGNI
Nel buio della notte,
seduto sull’orlo di un precipizio,
ammiro la bellezza della luna,
il suo pallore è come il viso della morte
che affamata di anime
attraversa l’aria contaminandola.
Niente!
solo oscuri pensieri
che trafiggono la mia mente,
grigie lame di metallo
che perforano la mia anima,
sangue che scorre
lungo il mio corpo.
Il cammino da seguire è lungo
ma non riesco più a vedere oltre,
non ce la faccio a capire,
non posso più correre.
Morfeo mi avvolge nel suo mantello ramato,
lacrime di morte
scendono dal cielo illuminato dalla triste luna
mentre il vento sfiora il mio corpo
e la solitudine mi trascina nella valle della morte.
Ho perso ogni mia speranza,
il fuoco della vita brucia il mio spettro.
Nulla esiste
oltre ai sogni,
mondi fantastici di oracoli e maghi
che cancellano la realtà.
DEPRESSIONE
La salute c’è
non presenta nessuna malattia.
Eppure è così deperita,
quando dorme sembra morta!
Cos’ha questa povera ragazza?
Non ha niente!
Ha solo il verme
della depressione
che la sta consumando
pian piano
ogni giorno di più.
ANGELI SPORCHI
Essere due piccole gocce di inchiostro nero
su una tela dipinta
ove falsi colori vivaci
esaltano con cattiveria e pregiudizio
la loro diversità:
non spetta anche a loro sognare l’armonia?
No! il cielo non ammette angeli sporchi
e violento strappa loro le ali.
Essere creati
per vivere accanto alla colpa,
insieme alla vergogna
ma di cosa?
Di essere diversi? Ma da chi? Perchè?
Domande che chiamano altre domande
in un girotondo senza risposte.
La confusione aumenta
al pari di uno strano risentimento
che fa soffocare,
che induce a dubitare:
E’ questo ciò che gli altri vogliono da loro?
Che non esistano?
E’ quello che vuole il loro Dio?
Che non esistano?
Sì! il cielo non ammette angeli sporchi
e graffia la carne sotto la loro pelle.
Ho visto quelle due piccole gocce avvicinarsi
fino a diventare una sola,
angeli che finalmente hanno qualcuno
che asciughi le loro lacrime,
che li accarezzi,
che li abbracci!
Angeli sporchi
che ora si stringono tra loro
consolandosi a vicenda.
Un solo gesto,
un grande coraggio!
Il piacere profondo del peccato giudicato dagli altri
peccato come realizzazione di un sogno
come fuga da un mondo ipocrita in bianco e nero,
come vendetta verso una madre
che cerca di soffocare sul nascere
le proprie creature.
Perchè mai l’uomo
non rispetta l’uomo?
Non riesco proprio a capire…
LA BESTIA RARA
Sguardi sconosciuti,
persone che mi scrutano, esaminano, giudicano
che ridono guardando
verso di me o nel vuoto.
Non so…
in qualunque caso
sono persone come altre
che seguono la massa.
Non apprezzano la diversità come novità.
Alcune mi fissano
come se fossi una bestia rara, un bersaglio da colpire
a volte mi fanno paura
sembra che mi disprezzino,
che vogliano farmi del male.
Forse solo perchè mi distinguo dal gregge
e sono per inclinazione
fuori dal coro.
Mi sento un ebreo fra i nazisti.
Ma io non sono nato per far fare numero
o per consumare ossigeno prezioso,
ho un’anima con me anch’io,
preziosa e brillante più di un tesoro,
io e Dio soltanto
sappiamo bene il valore che ha.
I MIEI PIU’ ATROCI INCUBI
Sono stato al parco.
Era notte.
Buio.
Cielo nero a sovrastarmi.
Incerto presagio di fine.
Io e l’oscurità.
Mi sono inginocchiato
ai piedi dell’acqua sporca che scorreva.
Ho rivisto il mio volto,
nel silenzio ho urlato,
ho urlato,
urlato!
fino a non avere più voce.
Non ero solo,
eppure mi sentivo come abbandonato.
La solita sensazione di dispersione
che si impadroniva nuovamente di me.
Sarei voluto correre via, scappare via
veloce, sempre più veloce
ma sono rimasto paralizzato
senza armature per difendermi
vittima dei miei più atroci incubi.
OMBROSI PENSIERI
Desolazione d’anime
nella valle dell’attesa.
Da crisalidi pendenti
cadono lembi di carne putrida
(adombrata metamorfosi
di esseri un tempo umani).
Coltivazioni demoniache
di ombrosi pensieri.
PERDUTI
Percorrendo una vuota spirale
alla fine della quale troveremo noi stessi,
osserviamo la nostra ombra crollare al suolo
affrontando il riflesso di una nostra immagine residua
concepita nella più cupa desolazione.
Giacendo su queste corrotte strade di vorticanti pensieri,
mentendo ai nostri propri stati mentali,
tratteniamo tutto ciò che non saremmo
anelando a ciò che ci è proibito.
Un delirio di onnipotenza è ciò che chiamiamo conoscenza
senza renderci conto che il decadimento è solo un passo avanti
ma la vanità in cui crogioliamo
si è mutata nella nostra gloriosa tomba cristallina
coesione sublimata di un ego inferiore pieno di incompiutezze.
L’umanità si consola aspettando l’arrivo di un nuovo messia sintetico che possa risanare i nostri corti circuiti interiori
decretando l’annullamento dei nostri ultimi atomi,
così saremo definitivamente perduti.
SORELLA MORTE
Gioco con le mie emozioni,
una manciata di biglie di vetro nella mia mano.
Per ogni biglia infranta
un sogno si dissolve.
Resto a fissare
il cupo riflesso della mia noia,
Biglia infranta,
crepa nel mio cuore.
Frammenti di vetro,
illusioni svanite.
Con sguardo apatico
osservo pezzi di intonaco volare via,
e non tenderò alcun muscolo
posseduto da un’inerte volontà,
non cercherò di andare al di là di questo velo
che mi copre tutto.
La mia anima si scioglie,
ogni cosa grava, ingarbugliati pensieri
nulla emana benefica essenza.
Ardo di una luce opaca.
Fallo con grazia, sorella morte
spegnimi con un soffio!
UN MONDO DISFATTO
Il mio demone mi mostra la realtà più brutta di com’è
guarda attraverso i miei occhi deformandola
e contempla un modo disfatto.
Il canto della sirena
giace impotente ai piedi del rumore.
Il senso della vita
ha perduto lo scettro,
resta una lapide senza nome
del tempo che fu.
Il mausoleo del giardino delle rose
è stato violato
da malvagi profanatori.
Ma non riesco a gioire
nel vederli annegare
in laghi di sangue.
L’amore perduto
non tornerà mai più
a specchiarsi dentro di me.
Siringa e sangue lungo il mio cammino,
confini sordi alla realtà per la mia mente in gabbia,
ciechi gli occhi dello spirito.
Non so come uscirne fuori!
IL SERPENTE
Un’eco
insegue la mia fuga,
è una lingua di fuoco
che tutto brucia
e che quando mi raggiungerà
consumerà il mio essere.
È forte solo perché io gli permetto di esserlo.
Il vortice
si avvicina sempre di più,
gira
sempre più forte,
e il suo buco nero,
al centro,
mi risucchia,
mi avvolge i sensi e la mente.
Annaspo nel turbinio
ed ho paura di toccarti
per non contaminare anche te
e trascinarti con me
nell’immenso occhio nero.
Vedi accanto a te un mostro con tante teste
il grande serpente
che oscilla fra te e il futuro?
Vedi
le sue lingue di fuoco
che bruciano tutto davanti ai tuoi passi?
E non senti i suoi piedi
calpestare la polvere,
bruciare nella cenere?
Ridicolo essere umano, ammasso di briciole tenute su dalla presunzione,
non puoi vincere
una potente soprannaturale forza.
Ti prego
guarda accanto a te: E’ bugiardo! Abile mistificatore!
Non si rivela mai per quel che è realmente:
è il tuo serpente!
QUEL CHE SONO NON MI PRENDE
Chiuderei gli occhi
e in un soffio me ne andrei
stanco di tutto,
il solo respirare
mi affatica,
qualcosa mi opprime,
credo sia il peso della vita.
Mi guardo allo specchio
e fisso l’obbrobrio riflesso.
Continuo a guardare quella oscena figura
fino a sferrargli un pugno,
osservo il sangue scorrere sulla mia mano,
e mi perdo nei piccoli frammenti dello specchio
ma è ancora lì:
Cosa vuole questa vita da me? Perche mi ha voluto?
Non l’ho chiesto, non ho desiderato esserci
ho pregato per andarmene!
Perchè quel che sono non mi prende?
Un’eternità di nulla, una vita di vuoti, solo rimpianti!
Nessuna lacrima, forti dolori, un grande amore!
Sono all’inferno, spiritualmente morto
immenso vuoto e depressione.
Come ombra che svanisce alzo bandiera bianca.
Poi e per sempre
solo morte!
INVOLUCRO DI CARNE
Piccola anima
accartocciata dentro un involucro di carne,
il tuo respiro attraversa il petto.
C’è luce, c’è ombra.
Ancora luce e di nuovo ombra.
La mano ascolta il tumulo, l’ossessione.
La punta della penna solca il foglio.
Scrivi per te, scrivi di te.
Mi parli di una realtà che regna dietro tante porte chiuse.
Di sangue del proprio sangue.
Di verità custodite nel silenzio.
Fa tutto parte del gioco,
tu stai gelando ora!
Si può morire di disperazione, la testa fra le mani
la penna caduta per terra,
le braccia stese sul pavimento
mentre le ombre avvolgono ciò che resta di te.
Un involucro di carne e niente di più!
Solo un miserabile e insignificante involucro di carne.
Una mano ti abbassa delicatamente le palpebre,
il segno della croce
e subito dopo il nulla.
Non sono un angelo.
Non sono un demone.
Io sono la verità.
La verità a volte uccide.
MASCHERA
Sembra tutto così perfetto
come scenario di un’opera teatrale
ma quale sarà il segreto,
l’orrendo retroscena di questa farsa,
di questa commedia che chiamiamo vita?
Qual’è il ruolo che mi è stato assegnato?
Cos’è questa maschera che prontamente
le mie emozioni cela?
Come una lumaca
mi rinchiudo con viltà nel mio guscio.
E’ piu adatto a lacrime e vani sorrisi
questo mio volto coperto e deturpato
miserabile sotto la sua ridicola perenne smorfia.
Teschio
a ghigno
eternamente condannato.
LA SOLITUDINE
Lacrime nere rigano un volto,
pallido
e senza segni di vita.
Ghiaccio nell’anima,
foglie morte al vento,
inverno che piange.
Uno sguardo,
quello di una creatura non sola pur essendo sola
vogliosa e assetata d’affetto
che crede d’affogar in un bicchier d’acqua.
Ormai abbattuta
china il capo
e si piega alla grandezza,
al potere immenso di quell’essere.
Quell’essere di cui è umile serva:
la solitudine!
LUCIDO E FREDDO E’ IL MARMO
Lucido e freddo è il marmo,
riflette tutto come uno specchio.
C’è disordine,
oggetti dimenticati,
ed un velo di polvere
copre tutto.
Regna il silenzio,
le torri sfidano il cielo,
fantasmi appaiono nell’ombra.
Lucido e freddo è il marmo,
candide come la neve le statue,
la piccola bambola fissa
con occhi verdi di smalto
abbandonata nel buio.
Rena la quiete,
i bastioni proteggono il castello,
i passaggi merlati paiono ponti sulla fantasia.
La bella addormentata non è mai stata qui,
non vi è mai stato un sogno incantato,
lucido e freddo è il marmo.
MIA SORELLA SOLITUDINE
Ubriaco di te
smaltisco la mia sbornia
su una panchina isolata
nella periferia della città
di Paranoia.
Non so dove andare,
non so chi cercare,
non so perchè respiro
ma protendo ancora la mano verso te,
nuovamente implorante ai tuoi piedi
mia amante,
mia amica,
mia compagna,
mia sorella Solitudine.
ANCESTRALI PAURE
Fievole luci
che all’imbrunire
non vincon l’ombre.
Indecise sagome
arrancanti nel buio
nero antro di ancestrali paure.
Figure incerte
di bieco pensiero avvolte
che di nera cronaca s’ammantano.
Passi veloci
come a sfuggir tempesta
nei vicoli t’inseguono.
Il gelo del comune sentire
tutto avvolge
come unico sudario.
E a nulla vale
il lume della ragione che è vanto
nè il saper che l’amor mio m’è accanto.
Solo il colore del sogno
potrà spezzare
del grigio orrore il cerchio.
Solo di poesia il volo
potrà sciogliere delle catene
l’angosciante nodo.
Subisco l’ultimo disperato assalto
di chi sa che la sua guerra
ha già perduto ormai.
LO SBADIGLIO DEL TERRORE
Nessuno ascolta
il rumore assordante del lupo
estasiato
dinanzi ai bagliori
della notte
stregata.
Un luccichio assorbe
il silenzioso spazio,
nel vuoto dell’ignoto
respiro accaldato dalla lucciola
che traballante attraversa il sentiero,
dal folto dell’ugola fuoriesce soave alito umano.
Ascolta la notte!
Ascolta la nebbia!
Ascolta i battiti del cuore!
Ascolta e non restare
senza un fruscio oblungo
nel dolce mio silenzio.
“GIACOMO LEOPARDI”
RIPROPOSTO IN UN LINGUAGGIO MODERNO:
“L’INFINITO”
Ti ho sempre amato, colle
solitario come me.
Ti ho sempre amata, siepe
che mi fai aprire l’anima
verso l’orizzonte,
me lo nascondi
ma me lo fai amare
immaginando spazi infiniti.
Ho sempre amato questo posto,
il suo sovrumano silenzio,
la sua profondissima quiete,
e il tenue soffio del vento tra gli alberi,
e la dolcezza di queste piante che dormono.
E mentre sono seduto e guardo lontano
mi tornano in mente le stagioni fuggite,
l’ora presente,
l’eternità,
ed è dolcissimo
perdersi nell’immensità della natura.
“IL PASSERO SOLITARIO”
Ti vedo in cima a quella antica torre,
solo,
proprio come me!
Tu canti finchè non muore il giorno
mentre la primavera brilla nell’aria,
esulta per i campi
festeggiata da mille uccellini
che fan mille giri nel cielo.
Ma tu passero solitario non ti curi di loro,
resti indifferente a quella festa,
non la cerchi, non provi a volare
consumi così nella solitudine
la parte più bella della tua vita.
Quanto è simile il mio modo di vivere al tuo!
non c’è spensieratezza in me,
gioie e divertimenti io li evito,
mi sento estraneo e quasi fuggo da loro
e il dramma è che non so spiegare a me stesso
nemmeno il perchè.
Chiuso nella mia stanza
passo le mie giornate vuote e monotone
in silenzio, in solitudine.
Eppure questo giorno che ormai volge alla sera
è festeggiato da tutti in questo paese,
si odono nell’aria suoni di festa vicini e lontani,
i giovani sono allegri
indossano i loro abiti migliori
si divertono
ed è persino bello guardarli.
Ma io,
in quest’angolo del paese vicino alla campagna,
io resto da solo come sempre,
ogni divertimento
lo rinvio in altri tempi
non so a quando!
guardo il sole che si dilegua dietro i monti
e sembra ricordarmi
che anche la mia giovinezza sta morendo.
Tu, passero solitario
alla fine dei tuoi giorni
non potrai pentirti d’aver vissuto così,
è la tua natura che ha deciso questo.
Ma io,
se non riuscirò a evitare la detestata vecchiaia
e tutto sarà noia più di adesso,
cosa penserò della mia giovinezza sprecata
e non goduta?
Forse piangerò,
guarderò indietro
ma sarà ormai troppo tardi.
“IL SABATO DEL VILLAGGIO”
La ragazzina spunta dalla campagna
al tramontar del sole
con la dolcezza, con la malizia
d’una età che non dà pensieri.
Ha un fascio d’erba in mano,
un mazzo di rose e di viole,
domani è festa, deve farsi bella.
La vecchietta con le sue amiche,
seduta sull’uscio di casa,
è intenta a filare
e con una lacrima agli occhi
ripensa a quando anch’ella era ragazza
e spensierata e felice
era circondata da tanta compagne.
L’aria si fa bruna,
le ombre scendono dai colli e dai tetti,
una luna bianchissima splende nel cielo.
Una tromba suona annunciando la festa,
i bambini giocano felici nella piazzetta,
il contadino torna a casa fischiettando.
Poi, quando le luci si spengono
e tutto tace,
si ode soltanto il rumore d’un martello
e di una sega,
è il falegname che ha fretta di terminare il suo lavoro
prima dell’alba.
Questo è il più bel giorno della settimana
pieno di gioia, di speranza
domani tutto ritornerà normale, triste, monotono
e ciascuno riprenderà il suo lavoro col pensiero.
Ragazzo mio,
la tua splendida ma fuggitiva età
è proprio come questo giorno
chiara, serena
che prepara la festa della tua vita.
Ragazzo mio divertiti!
non mi sento di dirti altro!
Ma ti prego non rammaricarti
se la tua festa tarda a venire.
“AMORE E MORTE”
Amore e morte,
fratelli,
furono creati insieme
e insieme vanno uniti per il mondo,
l’uno elargendo il piacere
l’altra annullando il dolore.
Quando l’amore nasce nel petto
lo accompagna sempre un languido desiderio di morte.
Non so perchè…
forse l’uomo,
presentendo i mali futuri che ne deriveranno,
brama di giungere al porto della sua vita
e di annullarsi.
Financo nel furore della passione,
quante volte gli amanti ti invocano o morte!
E che sentimento di invidia
al rintocco della campana funebre
per chi se n’è già andato!
Perfino il contadino e la timida fanciulla
non temono più,
comprendono l’ineffabile dolcezza della morte.
Talvolta l’amore
mina un fisico già prostrato,
talvolta invece
induce al suicidio giovani e fanciulle.
E tu morte
da me tanto invocata e celebrata
fin dai miei primi anni,
chiudi pietosamente gli occhi miei.
Ho sempre disprezzato le consolazioni della religione.
Non ho mai lodato e benedetto i patimenti.
Ho rifiutato i fanciulleschi conforti degli uomini.
Te sola ho sempre invocato!
Aspetto serenamente
di addormentarmi sul tuo seno.
MEMENTO
(Dalla lirica omonima di I.U. Tarchetti)
Quando bacio le tue labbra profumate,
cara e dolce fanciulla,
non posso dimenticare
che un bianco teschio vi è nascosto sotto.
Quando stringo a me il tuo corpo sensuale,
cara e dolce fanciulla,
non posso proprio dimenticare
che uno scheletro nascosto vi è celato all’interno.
Quando faccio l’amore con te, cara e dolce fanciulla,
mi è impossibile dimenticare che sotto la tua pelle
vi è un ammasso di sangue, vene e organi schifosi.
E assorto in questa orrenda visione,
dovunque ti tocchi, ti baci o posi le mie mani
sento sporgere le ossa fredde d’un morto.
IL CANTICO DI FRATE SOLE
(Dall’opera omonima di S. Francesco d’Assisi)
Benedetto tu sia, mio Signore!
con tutte le tue creature
specialmente per fratello sole
che fa diventare giorno
e illumina ogni cosa intorno
ovunque ci sia vita
con grande splendore,
ed è bello, radiante.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per sorella luna
che bianchissima non dorme mai
per vegliare la notte,
e per le sorelle stelle
che hai creato in cielo
chiare, preziose e belle.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per la sorella acqua
che è molto utile
è preziosa, è casta.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per fratello fuoco
che rischiara la notte
e trasmette il suo calore,
ed è forte, è vivo.
E per fratello vento
che muove l’aria, le nuvole
rigenerando con la pioggia tutte le creature.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per la nostra madre terra
che ci sostenta stringendoci al suo seno
e ci offre frutti, fiori colorati, erbe.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per i miei fratelli che sanno perdonare
aiutali nelle loro tribolazioni terrene,
hanno bisogno della tua presenza
nella loro vita.
Beati quei fratelli che difenderanno la pace!
saranno da te premiati.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per la nostra morte fisica
dalla quale nessuno di noi può scappare
e guai a coloro che morranno nel peccato,
beati invece quelli che su questa terra
avranno fatto la tua volontà.
Laudate e benedite tutti il mio Signore!
e ringraziatelo
e servitelo con grande umiltà.
OSSESSIONE PER UNA NINFETTA
(liberamente ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)
Spiccava col suo giovane corpo e l’aria da bambina
tra la gente ignara,
quel piccolo micidiale demonietto,
inconsapevole anche lei del proprio fantastico potere.
Mi guardò col suo visino indecifrabile di ragazzina tredicenne
come se mi avesse letto il desiderio negli occhi
fino ad intuirne la profondità,
e nel preciso momento in cui i nostri occhi s’incrociarono,
tra di noi si stabilì subito un’intesa
capace di annullare in quell’attimo qualunque barriera
ed io non avrei potuto abbassare gli occhi
neanche se fosse stata in gioco la mia vita.
La sfiorai ma senza osare toccarla,
respirai intensamente quella sua delicata fragranza
che sapeva di borotalco,
e da quel punto così vicino eppure disperatamente lontano,
ebbi per la prima volta la consapevolezza,
chiara come quella di dover morire,
di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto
o potuto immaginare,
e di voler essere il primo ad assaporare quel piacere proibito
che soltanto la mia giovanissima dea dell’amore
avrebbe saputo offrirmi
in un paradiso illuminato dai bagliori dell’inferno.
Un uomo normale,
forse per vergogna o sensi di colpa,
scaccerebbe via dalla propria mente simili pensieri.
Bisogna essere artisti,
eterni bambini sempre in volo senza logica né equilibrio,
folli di malinconia e di disperazione,
di solitudine e di tenerezza
per lasciarsi totalmente trasportare e tormentare
dalla magica ossessione per quella ninfetta.
ASSENZA
(liberamente ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)
Bastava un tuo sorriso
per mostrarti bella dentro e fuori
come un inno alla grazia,
malgrado le tue smorfie ed i tuoi capricci,
desiderabile, né donna e né bambina, favolosa e splendida
con la tua travolgente sensualità acerba
mista di malizia e d’innocenza.
Eri un cucciolo indifeso tra le mie braccia,
non riuscivi a tirare fuori la donna che stava nascendo in te.
Di quella mia incantevole lolita
che mi aveva stregato persino l’anima
fino a possedermi del tutto,
e del suo sconvolgente modo di essere,
non mi rimane ora che l’eco di un coro di fanciullesche voci
udite in lontananza e perdute per sempre
come foglie morte sparse lungo il sentiero
in una stordita calma irreale.
È la mia fine come uomo,
l’apice della mia ispirazione come artista.
La mia vita è ormai alla deriva nelle tue mani di bambina,
legata a te da un cordone ombelicale
obbedisce al tuo volere senza più orgoglio, senza dignità.
Mi tormenta l’immagine dei tuoi coetanei
che posano i loro sguardi carichi di desiderio
sul tuo giovane corpo.
È folle il pensiero che la tua verginale bellezza
appartenga esclusivamente ad un uomo della mia età
ma più ti sento irraggiungibile
e più cresce in me il desiderio di averti.
Come un vecchio mendicante ormai solo ed esausto,
chiedo ancora ad una ragazzina che non ha colpa,
l’elemosina d’un amore che mai potrà darmi.
Un amore impossibile, assurdo, folle
incomprensibile, a senso unico, non corrisposto
ma pur sempre un amore!
Forse sono posseduto dal diavolo
o forse ho solo qualche rotella fuori posto
è tutto così assurdo e illogico
ma io credo di amarla.
in foto: Claudio Cisco