Apr 20, 2018 - Senza categoria    Commenti disabilitati su LA MIA ANIMA E’ NUDA (Claudio Cisco)

LA MIA ANIMA E’ NUDA (Claudio Cisco)

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LA MIA ANIMA È NUDA

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La mia anima è nuda

 

anarchico il mio istinto

 

folle la mia mente

 

immorale la mia libertà.

 

La mia anima è nuda

 

ama i bambini

 

sta al fianco di barboni, disadattati, emarginati

 

adora gli ultimi della classe sociale.

 

La mia anima è nuda

 

non sa vivere in società

 

non scende a compromessi e non concepisce le regole

 

non lavora e non produce.

 

La mia anima è nuda

 

è troppo grande per essere prigioniera in un corpo di carne

 

non può esser limitata dal tempo

 

è uno spirito libero che anela alla libertà assoluta.

 

La mia anima è nuda

 

posta al centro d’una corda tirata ai lati da lussuria e innocenza

 

come un verme striscia e bacia i piedi del demonio

 

poi di colpo s’alza in volo e abbraccia Dio

 

sempre in bilico tra inferno e paradiso.

 

La mia anima è nuda

 

soltanto nell’arte, di notte quando tutti dormono,

 

esce manifestando la sua diversità

 

se venisse scoperta verrebbe fatta fuori e forse anche uccisa,

 

bisogna lasciare dormire tranquillamente la gente,

 

guai a chi provasse a risvegliarli!

 

quando si sta troppo al buio, si ha paura della luce.

 

La mia anima è nuda

 

immortale e ribelle

 

aliena venuta da chissà quale mondo

 

destinata a perdersi e soffrire

 

nel crudele gioco della vita e della morte.

 

La mia anima è nuda

 

scevra da qualunque vanità

 

spogliata nella sua infinita miseria

 

non si lascia etichettare in nessun modo

 

non è né maschio né femmina, né schiava né regina.

 

La mia anima è nuda

 

conosce la sensibilità del male

 

è attratta dal fascino del proibito

 

è inquietante ma sincera.

 

La mia anima è nuda

 

è ancora bambina quando sogna

 

terribilmente vecchia quando insegue la logica

 

morta e sepolta quando si lascia sedurre da religioni e ricchezze.

 

La mia anima è nuda

 

condannata dalla sua stessa sensibilità

 

ad un isolamento senza uscita,

 

non chiede più comprensione ormai

 

sa di averla data ma di non poterla ricevere.

 

La mia anima è nuda

 

dannata

 

salvata

 

ma dannata ancora.

 

Anime perverse, entrate in sintonia con me!

 

sono qui, se volete potete trovarmi

 

non ho maschere e non mi nascondo:

 

la mia anima è nuda.

 

 

 

LA MIA MENTE

 

Silenzi e vuoti intorno a me

 

quiete assoluta nella mia stanza

 

sguardo assente, occhi chiusi

 

la mia mente mi porta lontano fuori da qui

 

mi trascina via con sé e nessuno se ne accorge,

 

prende il largo sulle acque

 

attraversa un fiume tranquillo

 

che cancella i ricordi

 

e li fa scivolare via.

 

La mia mente

 

è volo di idee

 

ragnatele di ragionamenti

 

archivio di esperienze rimosse

 

cassetti colmi di dubbi incessanti.

 

La mia mente

 

è follia pura

 

immaturità e saggezza insieme

 

è un gigantesco pallone

 

che vaga rimbalzando continuamente

 

da un soffice sogno all’altro.

 

La mia mente

 

è finto silenzio

 

fantasie strane

 

vertigini e vortici di pensieri

 

spinta per vivere.

 

Crea una tempesta

 

non dorme la notte

 

incubi che si accavallano

 

sogni che nascono e rimangono sospesi

 

paure e solitudini senza fine.

 

La mia mente

 

è invasa di ricordi che si susseguono

 

notizie divorate

 

date, sentenze, nomi, schede ormai ingiallite

 

profumi di opere buone

 

domande senza risposte

 

amori cancellati e poi riscritti

 

sì che diventano no.

 

La mia mente

 

è un insieme di cose da dimenticare

 

una cantina di occasioni perdute

 

di progetti mai portati a termine

 

di ricordi nostalgici.

 

La mia mente

 

silenziosa corre, vola, sfugge,

 

anela, brama di sapere.

 

Va via col vento, più su delle nuvole

 

sopra gli oceani

 

sorvola spazi infiniti

 

raggiunge nuovi orizzonti.

 

La mia mente

 

mi convince

 

ha sempre la meglio

 

detta le sue leggi

 

ed io non posso sfuggirle,

 

la seguirò perché lei vuole così.

 

La mia mente

 

mi fa impazzire

 

mi fa venir voglia di scoppiare

 

mi lascia i segni di chi ha vissuto un’eternità.

 

Uccidimi il cuore!

 

la mia mente mi resterà ancora intatta.

 

Legami con una catena fortissima!

 

lei mi slegherà,

 

forse neanche la morte fisica

 

potrà riuscire a fermarla.

 

Ti prego mente mia

 

portami con te lontanissimo

 

nei grandi campi di neve dove il sole non c’è

 

nei deserti sabbiosi senza confini

 

nelle praterie immense

 

nei mari in tempesta

 

nelle cime vertiginosamente alte

 

nelle strade vuote senza fine

 

che portano al nirvana e all’estasi.

 

Portami o mente mia

 

attraverso paesaggi sfocati e laghi annebbiati,

 

le mie vene saranno fiumi tra le rocce

 

le mie mani pallidi monti nella notte

 

il mio sangue torrente rosso più del fuoco.

 

Solo con te sulla scia delle ninfe

 

tra cascate argentate, ghiacciai sterminati

 

i miei pensieri frustati dal vento

 

scatenati e prendi, prendi tutto di me!

 

 

 

VORREI

 

Vorrei vagare nell’universo

 

e cercarti ovunque,

 

nelle intrecciate tele di un ragno

 

nel fruscio delle foglie morte

 

nel dondolare dei rami stecchiti

 

nel profumo d’un incensiere

 

sfogliando la Bibbia

 

dinanzi al portone d’un antico monastero.

 

Vorrei essere portato via da te nella tua carrozza

 

lontano dalla prigione d’un grattacielo

 

lungo le strade dell’inverno

 

ed osservare riflessa nel lago argentato

 

la mia immagine vecchia e deforme

 

trasformarsi nella tua pelle giovane e bianca

 

e contare poi una per una

 

le perle della tua corona.

 

Vorrei capire chi sono

 

mostrandoti fotografie sbiadite e diari segreti,

 

mostrandoti la scia luminosa dei ricordi

 

di quello che ero ieri,

 

l’anima immortale che vive nei miei versi adesso,

 

la statua, la lapide e la polvere

 

di ciò che rimarrà dei miei sogni domani.

 

Vento impetuoso della fuggevole immaginazione mia

 

tu spalanchi con forza la porta di questa mia tacita realtà

 

e nelle annebbiate stanze del tuo nido

 

io mi sto sempre più addentrando.

 

Ed ora sento di poterti raggiungere.

 

Vorrei avvicinarmi ma non so chi sei

 

vorrei chiamarti ma non so il tuo nome

 

vorrei seguirti ma tu ti stai sciogliendo lentamente

 

in aria,

 

scompari quando credo d’afferrarti.

 

Eppure io ti inseguo da sempre

 

nei labirinti della mia mente,

 

cercandoti affannosamente

 

in ogni piccolo spazio

 

della mia camera vuota e solitaria.

 

E nelle lacrime della solitudine mia

 

che percorron lente il mio viso pulito,

 

vedo i miei sogni evanescenti

 

morire uno dopo l’altro

 

ed un bimbo,

 

quel bimbo che vive in ognuno di noi,

 

li porta con sé invecchiati

 

fino ad estinguersi

 

nel riposante approdo d’un obitorio.

 

 

NICO

 

Nico!

 

Ti ricordo ancora

 

avevi dodici anni, la mia stessa età

 

solo qualche giorno in meno.

 

Nico!

 

Sei nella memoria coi tuoi occhi scuri

 

una bocca grande ma con pochi denti

 

ti facevo il verso

 

non te la prendevi.

 

Nico!

 

Eri sempre con le brache corte

 

e le gambe viola

 

per il grande freddo.

 

Nico!

 

Ma com’eri buffo

 

con quel cappellino con il paraorecchie

 

una grossa sciarpa fatta da tua mamma

 

come ci tenevi.

 

Nico!

 

Il compito in classe

 

lo copiavi sempre da me

 

eri furbo

 

non so come facevi.

 

Nico!

 

Insieme sulle piante

 

a buttar giù palle di neve

 

alle barbagianne, le ragazzine con gli occhiali

 

quelle proprio racchie.

 

Nico!

 

Non ti ricordi le mele

 

rubate insieme e mangiate di nascosto

 

in quel mercato rionale?

 

E le domeniche d’agosto?

 

correvamo per le strade deserte

 

c’eravamo solo noi

 

chissà cosa volevamo dalla nostra vita!

 

Nico!

 

Eri il mio migliore amico

 

un giorno mi dicesti:

 

“Se fossi nato femmina ti amerei”.

 

Quel giorno al doposcuola

 

ci presero un po’in giro

 

avevano scoperto

 

i nostri giochi strani.

 

Non mi vergognavo di volerti bene, di prenderti per mano,

 

di regalarti il mio affetto

 

quello che riuscivo a darti,

 

quello che potevo darti.

 

Nico!

 

Ma tu adesso cosa fai?

 

chissà se ti sei sposato, se hai dei figli

 

se pensi ancora a noi.

 

Com’era bello uscire da scuola!

 

e col sole o con la neve

 

tornare a casa

 

insieme.

 

Nico!

 

 

 

MADAME CLELIA

 

Un’emozione forte

 

si fa strada nei miei pensieri,

 

lenta scende come un’ombra

 

nella mia realtà ormai stanca

 

e tra la fantasia e l’età

 

mi trascina via con sé

 

in un tempo ormai lontano.

 

Mi rivedo di colpo lì

 

a spiarti dietro la finestra

 

di quella tua tenebrosa casa antica.

 

Sui miei undici anni appena compiuti

 

cadeva già il primo velo di follia,

 

e che sussulti, che tremiti segreti

 

in quelle mie inquiete notti di fanciullo

 

quando impaurito e rannicchiato

 

mi nascondevo sotto le coperte,

 

la mia prima masturbazione

 

la conobbi proprio allora e fu per te.

 

Madame Clelia!

 

Eri grande, troppo grande

 

forse vecchia per i miei occhi e per il mio corpo.

 

Avevi perso il marito

 

ti avevano abbandonato i figli

 

io come un giocattolo, un barboncino

 

ero tutto quello che ti rimaneva

 

nella tua vita mai vissuta

 

sempre attesa, mai avverata.

 

Ancor adesso

 

a distanza di tanti anni

 

non so cosa volessi tu da me

 

né cosa avrei potuto darti io.

 

Ma ti giuro Madame Clelia,

 

tu sei stata per me una regina

 

ti vedevo danzare nei miei sogni di bambino,

 

mi chiedo come mai così bella dentro

 

nessuno, all’infuori di me,

 

ti aveva vista mai.

 

 

 

PAESE NATÌO DI MIA MADRE

 

Al tuo paese torni

 

con me

 

ogni tanto,

 

ma sei triste

 

pensierosa

 

non parli.

 

La tua fontana rivedi

 

i vicoli

 

la piazza

 

che a miglior tempo

 

ti furono amici.

 

Anche la tua casa

 

giace silente e vuota

 

negletti i fiori

 

accanto ai muri.

 

Guardi fissa la chiesa

 

e odi la voce

 

di chi la preghiera

 

t’insegnò a ripetere.

 

Vedi tutti i ricordi

 

segnati da croci

 

cerchi ma non trovi

 

la speme d’un dì.

 

 

 

 

IN SIMBIOSI CON L’UNIVERSO

 

È solo mio questo improvviso aprirmi

 

e rivedere in un attimo tutta la mia vita come in un film registrato

 

e poi simultaneamente

 

allargare le braccia all’universo che mi circonda

 

e respirare a pieni polmoni

 

come volessi trasportarlo in me

 

per sentirmi parte di esso.

 

E poi ancora rivedere con gli occhi della memoria

 

lontanissimo come da un cannocchiale rovesciato

 

me stesso bambino giocare in un cortile

 

e paragonarlo alla luna

 

distante anch’essa mille anni luce da me.

 

E continuare a rivivere nei ricordi

 

la spensieratezza della giovinezza

 

e nello stesso istante

 

dirigere lo sguardo verso l’azzurro del cielo

 

ammirare spazi infiniti

 

nuvole bianchissime come zucchero filato, mongolfiere in volo

 

Ridiscendere poi negli anfratti della mia memoria

 

e riscoprire la ragazza che ho baciato e amato

 

per la prima volta,

 

e confrontare la luce limpida dei suoi occhi

 

con quella delle stelle

 

o semplicemente della stella cometa.

 

Ricordare infine i dolci versi

 

scritti in tenerissima età

 

nella mia prima poesia,

 

immaginando di trovarmi

 

tra fiorellini di campo di vario colore,

 

solleticati dolcemente da un leggero venticello,

 

mentre uccellini nel nido assieme alla loro madre

 

e tanti piccoli animaletti festanti

 

tutti insieme

 

cantano la loro canzone alla primavera.

 

Capisco proprio in questi dolci momenti

 

di non essere solo

 

malgrado il tempo che passa

 

malgrado non abbia una compagna.

 

Intorno a me

 

vedo tutto un mondo magico

 

che pullula d’amore.

 

C’è tanta musica nell’aria che respiro

 

ed ora finalmente anch’io posso sentirla

 

e lasciarla entrare nel mio cuore.

 

Sono in simbiosi con l’universo.

 

 

 

SOLITUDINE UNIVERSALE

 

Uno spaventoso silenzio

 

avvolge tutto l’universo,

 

gli uomini come marionette di pezza

 

si susseguono nel tempo gli uni agli altri

 

e non nascono che per morire definitivamente.

 

Quanta gente nel corso dei secoli

 

mi ha soltanto preceduto!

 

uomini in carne e ossa proprio come me

 

col mio stesso sangue

 

con le mie stesse paure, le mie stesse speranze.

 

Hanno vissuto in tempi diversi

 

e per età differenti

 

ma di loro non è rimasto più nulla!

 

Dov’è l’uomo delle caverne?

 

e gli antichi Egiziani con le loro piramidi?

 

e i gloriosi Romani? e i pensatori Greci?

 

imperatori e papi, uomini comuni ed eroi

 

tutti scomparsi

 

nell’inesorabile scorrere del tempo.

 

Vorrei uccidermi subito

 

al solo pensiero che anch’io farò la stessa fine,

 

è strano come gli uomini

 

continuino a vivere con impegno

 

pur sapendo che dovranno morire,

 

anche se vivessero per cento anni

 

sarebbe sempre un soffio di fiato

 

rispetto all’eternità.

 

Ma poi mi consolo tra me

 

pensando che la solitudine non è solo mia

 

ma è presente in ogni angolo dello sconfinato universo

 

e non esiste gioia più grande

 

del sentirsi parte di questa immensità

 

pur consapevole della propria piccolezza

 

e piangere l’intima fragilità

 

in un pianto accorato e senza speranza.

 

Così mi nasce dentro un’emozione fortissima

 

che, anche se nata dalla disperazione

 

è pur sempre un’emozione

 

e subito dopo rido, rido e ancora rido.

 

Ormai più nulla ha valore per me.

 

Scopro la dolce ebbrezza del non senso,

 

non m’importa della seduzione della fede

 

né del ragionamento della scienza.

 

Sono totalmente felice

 

e la mia gioia scaturisce dalla mia solitudine

 

che ora riesco a proiettare nel cosmo

 

e la solitudine dell’universo

 

è la mia stessa solitudine

 

e mi dà conforto

 

mi rende grande.

 

 

TRISTEZZA

 

Tristezza di cose perdute

 

di voci, di grida, d’amore

 

è struggente la pena che sento

 

come una lama mi trafigge il cuore.

 

Addio nidiata di bimbi!

 

è tanto quel che mi rimane di voi

 

siete riusciti a far sparire il dolore

 

per sempre compagno di vita.

 

Sorridevo felice all’innocenza

 

di nascosto, nel silenzio, tra le ombre

 

in segreto e in perfetta armonia

 

entravate uno dopo l’altro in me.

 

M’illudo di avervi vicino

 

vedo i vostri corpi e li tocco, li sento

 

immagino che siate con me

 

nel pensiero più dolce ch’esista.

 

Ripiomba di colpo ogni cosa

 

in grembo all’eterno destino

 

i vostri visi risplendono come dolci memorie

 

e poi muoiono con un tremulo brillio.

 

 

 

SENSAZIONI

 

È tutta avvolta nel mistero e nella meraviglia

 

questa vita mia,

 

con genuino e infantile stupore,

 

della natura osservo ogni manifestazione

 

fino ad esserne rapito.

 

Con sensibilissima attenzione nel silenzio ascolto

 

le voci, i suoni

 

anche i più tenui,

 

delle piccole cose intorno a me.

 

Affascinato e curioso

 

percepisco la suggestione, la religiosità, il mistero

 

nascosti in esse.

 

Ai miei occhi non appaiono

 

sempre traducibili e afferrabili

 

ma sciogliendosi in musica, in sospiro

 

mi riempiono ugualmente l’animo d’immenso.

 

 

 

INFANZIA LONTANA

 

Storia d’una infanzia lontana

 

ricognizione di un mondo

 

pietrificato nei ricordi.

 

È il canto della memoria

 

che si eleva

 

è profondo, sentito, cercato.

 

In esso

 

si rincorrono

 

gli attimi che hanno lasciato una traccia.

 

Rivivono anch’essi

 

insieme alle cose, alle persone familiari

 

ai sogni di più remote stagioni.

 

La memoria mi appare così

 

come immagine sovrapposta al presente

 

e i suoi impulsi,

 

ritornando dal passato,

 

s’intrecciano sinfonicamente,

 

trovano una finale armonia.

 

 

 

 

SULL’ORLO DELL’ABISSO

 

Dimora in me

 

un continuo e sempre vivo bisogno d’innocenza

 

come memoria limpida, essenziale

 

non coperta da incrostazioni.

 

Tornano nella mia mente

 

lontane primavere, gigli appassiti

 

come visioni taciturne e distanti

 

e tra echi sepolti

 

in un urlo senza voce

 

cadendo vittima del segreto logorio della vita,

 

subisco inerme la vecchiaia

 

come qualcosa di ineluttabile

 

stagione ultima, cupa e persino squallida

 

in cui sopravvive solo la memoria.

 

Non è tanto l’immagine della decadenza fisica

 

dell’inarrestabile declino che mi colpisce,

 

quanto la fugacità, la brevità del tempo

 

lo spazio attraversato in un lampo da ogni cosa,

 

anche le immensità celesti

 

dove ho cercato quasi un punto focale

 

della mia esistenza.

 

Oggi sono immerso nella follia più lucida,

 

il mio mondo è l’irrazionale, sembra una maledizione o una profezia

 

il mio pensiero si muove sempre sull’orlo dell’abisso.

 

Non c’è più luce, non c’è chiarezza

 

nel mondo informe, tumultuoso del mio vissuto.

 

Mi sgorga dentro un’impressione d’inerzia, di passività

 

che traspare dalla contemplazione della natura,

 

ha il gusto del tempo e delle sue rovine

 

perché quest’ultimo, pur nella disperazione e nella malinconia,

 

è il solo che mia dia una qualche trepidazione

 

un’incertezza, una sorpresa.

 

 

 

 

IL MIO IO COSMICO

 

Vedo vivere e sfiorire intorno a me

 

inesorabilmente

 

le persone, le cose, le stagioni

 

preda d’un sentimento panico dell’universo.

 

Trovo conforto abbandonandomi nella natura

 

per dimenticare in essa la mia forma umana

 

accogliendo nel sangue

 

il brivido solare d’una vita pura.

 

Il mio io cosmico pone la propria oggettività

 

per poi tornare a se stesso

 

nel perpetuo flusso della vita.

 

Mi fondo nella natura

 

contemplando il momento in cui l’amore

 

sarà libero fuori dal corpo

 

per farsi cielo.

 

Sublimo l’anima con i sensi

 

ma non interrompo il contatto fisico col mondo.

 

Forse spero di trovare in fondo alla strada percorsa

 

il silenzio e la solitudine dell’universo

 

anche quando silenzio e solitudine

 

sembrano chiudermi e annientarmi.

 

 

 

SFACELO

 

Gioco artificiale e platonico di specchi

 

sempre mutevoli

 

con tante facce e tante luci,

 

non trovo il filo interiore

 

quello vero e profondo,

 

cado così nel gioco delle invenzioni

 

delle contraddizioni.

 

Una totalità non trovata

 

che rivela disagio, sofferenza.

 

Cerco rifugio altrove

 

senza sapere dove

 

ma ciò che mi rimane di questa umana fatica

 

è la coscienza di una prigionia

 

e mi sento rinchiuso nel cerchio delle mie abitudini, paranoie

 

che si avvicendano in modo sterile.

 

Sogno impossibili evasioni attraversato da sussulti e vertigini

 

invano lotto per non essere travolto dal tempo

 

ma l’amore mi appare perduto

 

tra la cenere dell’esistenza.

 

Archivio la memoria

 

come un mondo ormai passato per sempre

 

fatto di resti sospetti,

 

tracce che tendono a scomparire nel tempo

 

come carte antiche e indecifrabili

 

vere e proprie reliquie.

 

Sopra tutto questo sfacelo

 

aleggia sovrano il sentimento del tempo

 

che sfugge, che rovina, che travolge.

 

Non mi rimane

 

che una ragione stanca, ferita

 

al limite della resistenza

 

ma non vinta

 

che cerca in fondo alla dolcezza,

 

nella disperazione,

 

la speranza d’una morte amica.

 

 

 

LA LUCE DEL COSMO

 

Come per magia

 

il divino traluce

 

o affiora nei margini del mistero sovrasensibile

 

e la mia anima s’insinua

 

tra sensazioni terrene e misteri dell’essere,

 

nelle cose che l’occhio può scoprire mutate

 

in una luce e un suono

 

insospettato, nuovo, più profondo.

 

Sento nascere in me

 

il bisogno di illuminare con la luce del cosmo

 

le cose infinitamente piccole.

 

La mia anima così si fa largo

 

e nello spazio che mi creo

 

c’è il senso del tempo, del moto, del divenire,

 

e insieme del mistero

 

che avvolge il mondo delle mie sensazioni.

 

Entro in contatto

 

con tutto ciò che ignoro, intravedo, avverto

 

e soltanto in quell’istante,

 

sia pure con animo turbato,

 

riesco a capirmi.

 

 

 

PRESENZA VIVA

 

Momenti magici, favolosi

 

della mia infanzia,

 

ricordi evocati

 

da attimi di malinconia,

 

visioni incantate

 

della mia terra natìa.

 

Naufrago dolcemente

 

in un’infanzia che è ormai

 

il mito di se stessa,

 

e del dolore che l’ha portata via.

 

Pur tuttavia è suono, movimento

 

vita che trascorre.

 

Non la confronto con altri silenzi

 

con gli arcani mondi dell’immaginato

 

dello sperato, d’una irraggiungibile felicità.

 

Diventa invece voce intima del ricordo

 

presenza viva di qualcosa che passa

 

come echi, rintocchi.

 

Immersa nel tempo fluido

 

la natura come per magia

 

penetra nel tessuto della mia anima

 

e si fa poesia

 

ne scioglie i nodi, ne ispira i versi

 

è pianto che rasserena.

 

 

 

 

L’ALBA DELL’UOMO

 

Da un chiarore lontano

 

spunta l’alba

 

repentinamente

 

e colora di luce il nuovo mondo.

 

Intorno,

 

piante stecchite

 

animali selvatici

 

grotte e caverne buie.

 

Si svegliano anche gruppi di scimmie

 

sono nude come vermi della terra,

 

schiamazzano

 

litigano

 

si riuniscono.

 

Qualcosa sembra dire loro:

 

“Uniamoci

 

e combattiamo insieme”,

 

una battaglia che durerà nei secoli

 

sino alla fine dell’universo

 

se fine ci sarà.

 

 

 

MIA EVA

 

Mia Eva! Inizio della fine

 

sei tu la prima donna

 

l’origine delle mie perversioni

 

il pretesto per la mia follia

 

la madre dell’animale che è in me,

 

hai creato il mio istinto che ormai è morboso

 

il mio desiderio che è già sporcato.

 

Nel paradiso terrestre, trascinato indietro di mille secoli

 

io ti osservo nuda, allucinante visione,

 

misteriosa e invitante. Giochi con le armi della seduzione.

 

Dammi la mela ti prego, che aspetti?

 

voglio mangiarla!

 

è eccitante peccare

 

se tu mi sei vicina, nel pericolo mi sento al sicuro.

 

Dimmi dov’è il serpente, l’hai calpestato o no?

 

Voglio essergli amico e non mi farò esorcizzare.

 

Non mi importa di rimanere dannato per l’eternità

 

di lavorare, sudare e morire

 

di bruciare nelle fiamme dell’inferno,

 

l’importante è averti accanto.

 

Sei tu la causa del mio male

 

ma lo stesso male è ambiguo

 

cambia forma quando credo di conoscerlo.

 

Dal giorno che mangiasti quella mela

 

ogni uomo è sempre guidato

 

dalla follia d’una donna.

 

 

LA RIGENERAZIONE

 

Albero solitario

 

che mi aspetti in un campo di grano,

 

io ti vado incontro

 

e ai tuoi rami

 

mi appendo.

 

Ora sono appeso ai tuoi rami

 

e dondolo felice.

 

Tu ed io siamo un solo essere

 

una sola forma.

 

 

 

IL MIO FUNERALE

 

Come quando ci si toglie un abito

 

così avevo lasciato il mio corpo con i suoi pesi

 

ma ero vivo in una dimensione di immortalità e benessere.

 

Lento veniva trasportato

 

un corpo straccio

 

dentro quella bara

 

avara di ghirlande,

 

quel corpo era il mio

 

sì, ero io.

 

E quel carro funebre

 

attraversava le strette vie

 

che portavano a quel piccolo cimitero di collina

 

dove io fui sepolto

 

e riposo di già.

 

Scialli neri

 

vecchie facce coperte da veli

 

silenziosa processione,

 

dormiva mio padre

 

piangeva mia madre

 

quell’accompagnamento era il mio

 

sì, era il mio

 

ma io non capivo, ero felice fuori dal tempo

 

al di là dello spazio

 

e dall’alto osservavo stupito

 

quello strano spettacolo

 

sulla mia morte.

 

 

 

 

COINCIDENZE

 

Seguo una linea grandiosa

 

un’acutezza di senso

 

capace di rendere concreta

 

persino la fantasia.

 

E la visione

 

che parte generata dalla mia anima

 

si spande al di là degli orizzonti,

 

al di sopra delle piccole cose domestiche

 

ed è bellissimo

 

sentire come il senso dell’infinito

 

coincida fino a fondersi in uno stesso clima

 

con le cose più piccole.

 

 

 

NULLA È LONTANO

 

Grandezza e malinconia interiore

 

e povertà del mondo presente

 

ma la trasposizione mia

 

muta i termini del dissidio

 

ed è il bisogno di sognare

 

che rende grande l’opaco atomo terreno

 

illuminandolo di altre verità.

 

La fantasia ora avverte nel mondo

 

più segreti e profondi significati

 

dà immagine all’eco

 

si spande in altri mondi

 

si dissolve nell’immensità.

 

Ormai nulla è lontano dal mio spirito.

 

 

 

 

IL MARGINE SILENZIOSO DELLA MEMORIA

 

Nel margine silenzioso della memoria

 

che non è presente in me,

 

trovo rivelazioni e scoperte

 

un ricchissimo terreno umano.

 

La poesia restituisce alla vita

 

i nodi segreti

 

i ricordi assopiti

 

le reazioni più remote,

 

fa conoscere una nuova dimensione del reale,

 

a volte contro la ragione

 

a volte in armonia con essa,

 

sempre con libertà.

 

 

 

 

EGOISMO SOLITARIO

 

Sono il re

 

del mio egoismo solitario

 

che ha coscienza

 

soltanto per esprimerla in privato

 

in una totale esaltazione dei sensi.

 

Io non cerco più

 

un rapporto dialettico tra me e gli altri

 

e la mia concezione estetizzante della realtà

 

diviene dominio sulla folla,

 

forma una solitudine privata

 

dove il mio pene riaffiora docile tra le mie mani

 

fino a divenire una strana sensualità

 

fuori dai sensi

 

trasformata in un processo di spiritualizzazione.

 

 

 

ALLA DERIVA

 

È grigio il clima del perenne essere.

 

Tutto è caduto

 

le speranze perdute, le preghiere vane

 

le parole inutili, l’amore illuso

 

le primavere sfiorite, gli ideali mortali.

 

Ma non v’è più dramma in me

 

in questo continuo appassire e morire

 

ma completo abbandono.

 

Accetto di andare alla deriva

 

lasciandomi cullare dalla marea del tempo

 

in cui tutto si dissolve

 

fino a compiacermi del mio dolore.

 

È dolce sentirsi vittima, indifeso, inascoltato.

 

Capire che persino la vanità delle cose

 

diventa pura armonia.

 

 

 

VERRÀ POI LA MORTE

 

La mia vita passerà molto presto

 

drammatica e patetica

 

e con essa anche la sua ricchezza

 

fatta umana dalla fatica.

 

Il tempo,

 

un male che impoverisce la vita,

 

mi toglie ogni energia vitale,

 

il mio corpo senza speranza e senza salvezza

 

si rivolta, si risparmia, geme

 

s’illude ancora di strappare giorni, ore, minuti alla fine.

 

Ma vi è un altro male

 

subdolo e ancor più disperato:

 

quello di essere completamente solo

 

nell’umana comprensione di sé

 

costretto a tacere e fingere,

 

a rivedere il passato riflesso

 

nelle lacrime degli occhi che piangono

 

in un profondo bisogno di confidenze.

 

Triste appare allora il volto della memoria

 

come immobile silenzio che tende all’astrazione.

 

Verrà poi la morte del corpo

 

il distacco amaro.

 

 

 

LA MIA SOLITUDINE

 

Schivo mi stupisco di vivere

 

mi sento staccato ed incompreso

 

da tutti gli altri uomini.

 

Mi aggrappo agli scarti della vita

 

tutto il resto è inconsistente.

 

Non mi aspetto comprensione

 

né consolazione né tregua

 

consapevole della mia solitudine.

 

Ho scelto liberamente l’aridità e il deserto

 

e osservo le cose della vita

 

prosciugate e fisse

 

come simboli magici in una luce rarefatta.

 

 

 

LO STRAZIO D’ESISTERE

 

Urlo di masse

 

voci, passi, gesti

 

tra pietà curiosa e fanatismo,

 

irrazionale catena di incubi e fobie

 

ai margini dell’ossessione.

 

La personalità umana si lacera

 

il senso dell’alienazione incombe

 

la coscienza si smarrisce.

 

Spinto da una sofferenza solitaria e indecifrabile,

 

contagiato dalla multanime esistenza

 

affogo lentamente nel caos

 

e non ho scampo

 

se non nella perfetta solitudine.

 

 

 

LA MIA FOLLIA

 

L’infinita miseria della vita

 

la solitudine del mondo

 

la caducità della fama che passa.

 

E poi la morte delle persone care

 

l’incombente paura delle malattie

 

il continuo vagabondare senza pace dell’uomo

 

acuiscono la mia sensibilità

 

ma accrescono i sintomi della mia follia.

 

Cupe ombre di pazzia

 

si addensano minacciose su di me

 

travestite da un’atmosfera di lucida estasi.

 

È il dramma della mia ansia angosciante

 

la disperazione di tutto il mio essere

 

forse creato da Dio

 

ma poi lasciato a se stesso

 

privo d’identità, privo di vita

 

impossibilitato di comunicare

 

di capire e farsi capire.

 

 

 

 

LA MIA MODESTA FORMA UMANA

 

Ormai ridotto ad accettare la mia condizione

 

di uomo consapevole del proprio destino,

 

sento tristemente che la vita in me

 

invecchia inesorabilmente

 

che altri sentimenti, altre idee

 

mi nascono nell’anima,

 

che arte e vita procedono insieme,

 

e la poesia della mia vita solitaria

 

diventa essa stessa memoria.

 

Non è più la storia d’un uomo

 

che cerca l’illusoria grandezza dell’universo

 

ma semplicemente la povertà di chi

 

insegue soltanto la sua modesta forma umana.

 

Affido alla mia scrittura,

 

unico ed ultimo appiglio rimastomi,

 

la speranza di trovare ancora

 

punti luminosi sul mio cammino terreno

 

proiettandomi fin quando mi sarà possibile

 

e ne avrò ancora la forza,

 

nel tempo e nell’universale,

 

solo così la realtà della poesia

 

potrà apparirmi più ricca di significato

 

di quella della vita.

 

 

 

 

DESIDERIO D’INFINITO

 

Un sentimento dell’esistenza umanissimo

 

mi scorre dentro,

 

la mia spiritualità

 

è attraversata da malesseri sublimati

 

da torpori e da abbandoni,

 

trasalimenti e sofferenze confessate,

 

si distacca dalle cose terrene

 

diventa consapevole della fugacità umana,

 

è poesia per questo suo fluire

 

in mezzo alla vita

 

non ancora del tutto purificata

 

non ancora donata a una fede.

 

Le mie parole sono ultime gocce d’una vena

 

che ha già dato ciò che poteva dare.

 

La strada che porta alla bontà

 

mi libera dall’ansia

 

restituendomi un desiderio d’infinito.

 

 

 

 

LA FAVOLA DI UNA PICCOLA LACRIMA

 

Da una bimba e un pianto

 

nacque lei

 

piena di paure e ingenuità

 

chiara e trasparente

 

dai suoi occhi si affacciò

 

e da quelle ciglia sottili

 

piano piano scese giù.

 

Attraversò quel viso

 

dai lineamenti dolci

 

pulito di bambina

 

e per il mondo

 

sola sola

 

s’incamminò.

 

Ma era troppo ingenua

 

non conosceva il male

 

e la sua vita

 

era già in pericolo.

 

E passarono in fretta gli anni

 

e anche le stagioni

 

venne presto l’inverno

 

portando con sé la pioggia.

 

Tante grandi gocce

 

cadevano giù dal cielo

 

tutte insieme,

 

erano prepotenti

 

si spingevano tra loro

 

si bisticciavano.

 

La dolce lacrima ben presto

 

si trovò sommersa

 

cercò di ribellarsi

 

ma era troppo buona

 

e non aveva la forza.

 

Così per non morire

 

pensò di tornare

 

dentro quegli occhi

 

dov’era nata.

 

Sola e stanca

 

cercò quella bambina

 

la cercò dovunque

 

e la trovò alla fine.

 

Ma era ormai cresciuta

 

non era più bambina

 

il suo viso era truccato

 

non si ricordò di lei

 

e la cacciò via con forza.

 

Così la povera lacrima

 

restò proprio sola

 

in balìa di tutti

 

senza alcuna difesa.

 

Vagava per il mondo

 

ignorata da chiunque

 

sembrava invisibile

 

trasparente

 

proprio come una lacrima.

 

E venne il sole

 

e con la sua luce

 

forte forte

 

la illuminò.

 

Ma era ormai vecchia

 

allo stremo delle forze

 

e lentamente

 

si sciolse da sola.

 

Finisce così

 

la sua insignificante vita,

 

la sua insignificante storia

 

e nel silenzio,

 

la gocciolina

 

muore.

 

Così è il mio destino

 

la storia di quella piccola lacrima

 

è uguale alla mia.


in foto: Claudio Cisco4928_117750504017_1745127_n

LA MIA ANIMA E’ NUDA (Claudio Cisco)ultima modifica: 2018-04-20T21:54:41+02:00da ciscoscrittore
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